Team H2politO 2015

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20 gennaio 2015

La lunga strada dell’auto ibrida

La possibilità di poter trasportare persone o cose ha rappresentato da sempre uno dei fabbisogni primari per l'essere umano. Non a caso, infatti, l'invenzione della ruota e la scoperta del fuoco hanno segnato un cambiamento netto nella società primitiva.

XAM 2.0 prototipo ibrido del Team H2politO

Parlando dell’avvento dell’automobile come la conosciamo oggi però dobbiamo andare un po’ più avanti. A partire dalla metà del 1700 si iniziò a costruire prototipi di motori a combustione, di cui particolare peso ebbero quelli a vapore. Il motore a combustione interna fece la sua comparsa alla fine del XVIII secolo e fu perfezionato fino alla metà del 1800, quando vennero installati per la prima volta su veicoli stradali. Particolarmente importante fu la realizzazione del motore Otto nel 1878 e del vero e proprio veicolo basato su questa tecnologia, il triciclo realizzato da Karl Benz nel 1885. Nello stesso periodo trovò spazio anche un’altra tecnologia: la trazione elettrica. Quest’ultima prendeva le mosse dall’invenzione della batteria al piombo grazie alle ricerche di Volta e del motore elettrico partendo dalla dinamo di Pacinotti, entrambe avvenute attorno al 1860.


Tra la fine XIX secolo e l’inizio del XX secolo dunque vi erano tre tecnologie che si contendevano l’egemonia del nuovo mondo delle “carrozze senza cavalli”: i motori a vapore, la trazione elettrica e i propulsori a combustione interna. Di queste le prime due apparivano come le più mature ed affidabili, in particolare i veicoli elettrici erano particolarmente apprezzati in città, dove la loro silenziosità e l’assenza di emissioni la facevano da padroni, senza dimenticare le prestazioni, in alcuni casi superiori ai motori a ciclo Otto. Emblematico è il prototipo elettrico Jamais Contente del 1899 di Camille Jenantzy stabilì il record mondiale di velocità con 106 km/h).


Dall'alto a sinistra in senso orario: Carro di Cugnot (vapore, 1769), Benz Patent Motorwagen (motore a combustione, 1886)
Jamais Contente (elettrico, 1899) e Lohner-Porsche Mixte Hybrid (ibrida, 1897)
Tuttavia la necessità di avere a bordo del proprio veicolo una scorta di energia per raggiungere una grande autonomia e di mantenere il prezzo unitario il più basso possibile fece si che le auto elettriche, per i limiti tecnologici delle batterie installate, cedessero il passo a quelle dotate di motore endotermico, il cui combustibile era disponibile a basso costo anche grazie alla scoperta di grandi giacimenti di petrolio. Ad inizio ‘900 quindi si definì in modo inequivocabile l’architettura dell’auto che è giunta fino ad oggi basata sulla tecnologia del motore a combustione.

Negli ultimi anni si sta assistendo ad un cambio di tendenza confermato dalla massiccia diffusione di auto ibride.

Ma cosa si intende con il termine ibrido e da dove nasce questa tecnologia?

Nella maggior parte dei casi per architettura ibrida si intende l’utilizzo di un motore elettrico e di un motore a combustione interna combinati. Tale tecnologia è, a dispetto di quello che si pensa, tutt’altro che recente tant’è vero che il primo prototipo ibrido fu creato da Ferdinand Porsche nel 1897 ed esposto nel salone dell'Esposizione Universale di Parigi del 1897.

Ma da cosa nasce l’esigenza dell’ibrido?

I fattori principali che hanno portato allo sviluppo di questa “nuova” tecnologia sono principalmente due:
  • Il trend di aumento del prezzo del carburante e quindi l’attenzione degli utilizzatori nei riguardi dei consumi. 
  • Le sempre più stringenti normative anti inquinamento che impongono ai costruttori dei limiti sulle emissioni, in particolare per quanto riguarda la CO2, e quindi di consumo.
Per far fronte alle richieste normative la sola ottimizzazione del motore termico non è sufficiente ed entrando infatti nel dettaglio possiamo affermare che i motori a combustione interna hanno raggiunto un “limite tecnologico” ovvero ogni minimo miglioramento dell’ordine di pochi punti percentuali dell’efficienza del motore è raggiunto a fronte di cospicui investimenti di risorse umane e finanziarie.

Inoltre, se si analizzano i dati numerici, si comprende che l’attuale rendimento (rapporto tra potenza utile generata e potenza spesa per l’operazione) di un motore a benzina oscilla tra il 30% e il 35% mentre quello di un motore diesel può arrivare fino al 40%. Tali rendimenti vengono calcolati a banco prova, in condizioni quasi ideali, quindi la situazione peggiora drasticamente nel momento in cui il motore endotermico viene installato su autovettura, in tal caso infatti si raggiungono rendimenti reali che superano di poco il 20%.

A questo punto la domanda sorge spontanea:  perché non utilizzare un sistema di trazione puramente elettrico per le nostre autovetture?

I motori elettrici, infatti, hanno moltissimi pro:        
  • Hanno rendimento tra l’85 e il 95%;, 
  • sono silenziosi; 
  • sono più compatti dei motori a benzina e non emettono inquinanti; 
  • hanno costi di manutenzione più bassi.

Tuttavia, ad oggi, la loro installazione a bordo veicolo è limitata dal fatto che le batterie non garantiscono le stesse prestazioni di un combustibile fossile in termini di densità energetica e di densità di potenza.

Come è noto, ogni motore ha infatti bisogno di una fonte di energia a bordo per poter funzionare, che nel caso di un motore a combustione è il carburante, per il motore elettrico sono gli accumulatori, di cui i più usati sono le batterie. Esse, rispetto alla benzina o al diesel, possiedono un’energia specifica tra i 60 e i 190 Wh/kg, mentre i combustibili si attestano tra gli 11000 (benzina) e 13000 (diesel) Wh/kg, circa 50 volte tanto!

Un pacco batterie per garantire prestazioni paragonabili in termini di energia e potenza all’omologo serbatoio di carburante, a parità di veicolo, avrà dunque avere dimensioni e pesi molto importanti, a scapito della dinamica e dei consumi del veicolo.

Ad oggi le batterie al litio hanno tempi di ricarica molto elevati se confrontati ad un “pieno di Benzina” (nell’ordine delle ore per una ricarica completa), una vita tutto sommato limitata (attorno ai 1000 cicli di carica e scarica) e soprattutto costi iniziali molto elevati.

L’ibrido si inserisce in questo scenario per colmare le lacune dei due sistemi ed aumentare l’efficienza globale utilizzando al meglio le tecnologie esistenti.

Cerchiamo di spiegare quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa tecnologia: Il vantaggio principale di tale scelta sta nel fatto che, con l’ausilio di un motore elettrico, quello endotermico può lavorare ad un regime di funzionamento a più elevata efficienza, diminuendone in questo modo i consumi e le emissioni inquinanti. Per sua natura, infatti, il motore termico necessita di un regime minimo per erogare una coppia sufficiente a vincere gli attriti interni, e quindi restare acceso, ed alimentare gli accessori. Dunque affinchè il veicolo si metta in movimento è necessario ricorrere al cambio meccanico che ha lo scopo appunto di moltiplicare la coppia. Inoltre, se il carico non è massimo il motore perde efficienza. Questa situazione è molto comune nella marcia cittadina, dove il 44% del consumo nella fase urbana del ciclo di omologazione europeo NEDC è imputabile alle fasi di accelerazione.

La figura mostra un’esempio di piano quotato dei consumi cioè di andamento del consumo di un motore alternativo in funzione della coppia e dei giri motore. Come si può notare, per accelerazioni modeste a bassa velocità (zona “rossa” del grafico), classico esempio di partenza dal semaforo, il consumo specifico di carburante è sensibilmente più alto rispetto alla zona “verde” della mappa. Questo non vuol dire che per consumare poco bisogna andare “forte”, ma che inserendo una marcia più alta a basse velocità per ottenere le stesse prestazioni è necessario premere più a fondo l’acceleratore, con l’effetto di far lavorare il motore in una condizione a lui più favorevole.

Mappa iso-consumo



D'altro canto, come mostra la figura successiva, il motore elettrico è capace di erogare, fin dai bassi giri, la coppia motrice massima (tale coppia descresce in maniera iperbolica al regime massimo). L’accoppiamento di questi motori dunque rende possibile lo sfruttamento dei punti di maggiore efficienza di entrambi, utilizzando per le partenze il motore elettrico, per l’accelerazione il solo elettrico o entrambi i motori in percentuale variabile (a seconda della potenza richiesta dal conducente) e il motore termico per il mantenimento della velocità di crociera o la ricarica delle batterie.

Come si può notare dal grafico seguente, il motore elettrico è capace di erogare una potenza costante per gran parte del suo range di velocità (curva blu), a bassi giri invece il motore elettrico è in grado di trasmettere la massima coppia fino al raggiungimento della potenza massima del motore. Questa è la caratteristica che rende il motore elettrico particolarmente adatto alle accelerazioni.

Coppia e Potenza massime di un motore elettrico al variare del regime di rotazione


Altro aspetto che va tenuto presente, nell’ottica di riduzione dei consumi, è che ogni macchina elettrica in sé è in grado di lavorare sia in trazione che in generazione e quindi ogni veicolo ibrido cerca di sfruttare nei rallentamenti la capacità di “frenare” con il motore elettrico, recuperando parte dell’energia altrimenti dissipata per attrito dai freni.

Questo miglioramento dell’efficienza dell’intero veicolo non vuol dire unicamente bassi consumi, ma in alcuni casi anche alte prestazioni. Come molti forse sapranno la Formula 1, considerata da tanti la massima espressione tecnologica dell’automobile, da quest’anno propone auto ibride.

Il concetto di motore infatti è stato sostituito da quello della Power Unit (unità motrice), costituita da un V6 turbocompresso a benzina di 1,6 litri e da due motori elettrici, uno azionato dall’energia cinetica raccolta in frenata e l’altro, calettato sull’albero del gruppo turbo-compressore recupera parzialmente l'energia contenuta nei gas di scarico.Le due unità compongono il sistema elettrico di ausilio al motore termico e prendono il nome di ERS: Energy Recovery System. Per essere precisi, il motore-generatore preposto al recupero dell'energia cinetica eccedente dalle ruote motrici si chiama MGU-K (Motor Generator Unit - Kinetics) ed è direttamente collegato all’albero motore; quello preposto al recupero dell'energia termica dai gas di scarico del turbo, MGU-H (Motor Generator Unit - Heat) ed è ovviamente collegato alla girante del compressore, agendo come generatore durante le fasi di velocità costante. L'energia recuperata da MGU-K e MGU-H viene accumulata in un pacco batterie comune, della capacità doppia rispetto ai KERS delle Formula 1 degli anni precedenti; l'imponente elettronica di gestione, collegata alla sensoristica per la frenata posteriore, ha il compito di restituire la potenza recuperata secondo mappature preimpostate, non modificabili dai team. Da notare che l'energia recuperata dall'MGU-H viene restituita alla girante del turbo, per eliminarne il ritardo di risposta (turbo lag). Il risultato? Un'erogazione della coppia più lineare, a tutto vantaggio dell'efficienza termodinamica e delle prestazioni in accelerazione, ma con consumi minori del 30% rispetto agli anni scorsi. 

Di seguito un video esplicativo di come funzioni una Power Unit del campionato di Formula 1 2014:


Se e come ci possa essere una ricaduta sulle auto di tutti i giorni è un argomento tutt’ora controverso, in molti infatti sostengono che vi sia troppa diversità tra gli ibridi prestazionali della F1 e le vetture di serie, e che dunque solo le cosiddette supercar possano trarne vantaggi. Questo può essere vero se si pensa al recupero dell’energia in frenata. Un’auto stradale, nell’uso quotidiano, affronterà di norma lunghe frenate di bassa intensità, mentre una da competizione deve far fronte a fasi di frenata brevi e molto violente, con conseguente grosso carico sulle batterie, spingendo i progettisti ad utilizzare diverse logiche di gestione o addirittura sistemi completamente differenti. Ne è esempio la Porsche 911 GT3R Hybrid, utilizzata per la 24h del Nürburgring, che utilizza un volano per stoccare l’energia della frenata prima di essere riutilizzata in accelerazione.

La Porsche 911 GT3R Hybrid e il sistema di recupero dell'energia cinetica

“Per come stanno le cose adesso, sembra più probabile che le auto saranno spinte da motori a benzina o diesel di qualche genere. E’ abbastanza possibile, comunque, che verrà scoperto un sistema di accumulazione di energia elettrica che si dimostrerà più economico, ma ad oggi il motore benzina e quello diesel sembrano più promettenti”. Sembra una frase attuale, in realtà si tratta di una dichiarazione di Thomas Alva Edison del 1875.

Quello che frenò lo sviluppo della trazione elettrica, allora come oggi, fu la caratteristica del motore termico di poter andare “ovunque, in ogni momento e come si vuole”, proprio per la possibilità di accumulare velocemente energia mediante rifornimento presso le aree di servizio. Ad oggi la situazione è simile, ma il contesto è differente. La sensibilità in tema di inquinamento atmosferico e le nuove leggi contro le emissioni sono stimolo per l’introduzione di nuovi schemi di trazione più volti all’efficienza. Le normative volte riduzione degli inquinanti e in particolare della CO2, non sostanza nociva a tutti gli effetti ma responsabile dell’effetto serra, sono sempre più stringenti: dal 2020 ogni produttore di auto dovrà garantire che le proprie vetture dell’intera gamma di nuova immatricolazione non emettano più di 95 g/km di anidride carbonica, corrispondenti ad un consumo di circa 4L/100km. In questo contesto le architetture ibride ed elettriche si rivelano essere estremamente efficaci,infatti un’auto ibrida ha un rendimento pari al doppio del rendimento di un’auto equipaggiata dalla sola unità termica (si raggiungono rendimenti complessivi superiori al 40%). Sempre per citare Edison “è molto difficile introdurre una rivoluzione se non c’è un chiaro e diretto vantaggio per l’utilizzatore finale”. Molto difficile si, ma a noi la parola impossibile non piace. Probabilmente nei prossimi decenni non si riuscirà a fare a meno dei motori a combustione, ma consumeremo ed inquineremo sempre meno. E noi ci stiamo già lavorando.


XAM e XAM 2.0 al traguardo della Shell Eco-marathon (sinistra) e della Future Car Challenge (destra)







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